Che mazzata ‘sto 2020.
Che lezione di vita ‘sto 2020.
Sono rientrata da una settimana a New York, e, nel bel mezzo della mia centrifuga di emozioni da isolamento, eccomi qui che riprendo in mano questo blog, che é stato un po’ il mio diario (poco segreto) in questi quattro anni. Sono piombata nel silenzio qualche mese fa, un po’ perché troppe cose stavano succedendo nel mondo (veramente TROPPE), un po’ perché non sentivo di avere molto da dire.
Poi niente, è successo che mio papà ha scoperto che non stavo più scrivendo, e siccome il dominio di questo sito attinge dal suo conto in banca, ecco, all’ennesima spennata, mi sono sentita in colpa. Lui sostiene io abbia un sacco di cose da dover dire in questo periodo, io non so, forse non sono Miss Positività, forse ho semplicemente così tante cose da dire che non riesco nemmeno a venirne a capo.
Partiamo dal principio.
Ho trascorso un’estate insolitamente piacevole. Me la sono goduta. Non avevo il pensiero di dover andare in capo al mondo per un qualche corso estivo, non avevo previsioni di ritorno a New York, non avevo relazioni a distanza da dover alimentare. Erano forse 6 anni che non trascorrevo un’estate così pacifica, in compagnia di famiglia e amici, nel mio buco di c*lo preferito: Verona.
Ed ora si passa ai discorsi seri.
Non è un bel periodo per la danza. Non lo è mai stato, ed in questo momento, siamo proprio alla frutta. In questi giorni, durante gli zoom di classe, la tensione era palpabile più che mai. Del resto siamo 20 ragazzi, che in giovane età, armati di coraggio e tanta pazienza, hanno deciso di intraprendere un percorso lontano da casa, parecchio oneroso e parecchio impegnativo. Il fatto che sia impegnativo a noi poco importa, lo facciamo con il cuore, ci viene naturale. È quando si ha una famiglia alle spalle ad aver fatto sacrifici, che la situazione diventa problematica. Nel momento in cui abbiamo scelto questo percorso, a 18, 19 anni, ci siamo accollati grandi responsabilità ed aspettative, tra cui trovare un lavoro una volta laureati, possibilmente in una delle compagnie più prestigiose al mondo. Ora, alla fine del nostro percorso, Signor Covid ha deciso di dimezzare i posti di lavoro nelle compagnie. Davvero un simpaticone.
Ora, però, se c’é una cosa che sto benedetto Signor Covid mi ha insegnato in tutto questo, credo sia la capacità di vivere nell’incertezza. Per anni ho lavorato per goal. Mentre ero al liceo pensavo già all’università, mentre all’università pensavo già al lavoro, forse in modo anche ossessivo. In passato ho sempre voluto avere la situazione sotto controllo, mentre in questi mesi tutto è diventato incerto, a punto tale che ho imparato a farmelo andar bene. Forse non sono l’unica, ma per una serie di motivi, per la prima volta nella mia vita, mi trovo a vivere col brivido di non sapere cosa succederà, e di non volerlo nemmeno sapere. Se devo descrivere questo periodo in una parola è brainstorming, nel vero e proprio senso della parola, perché c’ho proprio una tempesta in testa. Nel tempo libero colleziono aspirazioni, e la cosa è parecchio intrigante, perché più passano i giorni, più possibilità scorgo. Possibilità di cosa poi? Di trovare il lavoro ideale? Che paghi più degli altri? No, non proprio. Possibilità di fare ciò che mi renda felice, direi.
Sento girare ovunque la parola “reinventarsi” in questo periodo. Ora non so come sembri a voi, ma alle mie orecchie suona sempre un po’ come: “se hai fallito per via del Covid, devi cambiare rotta”. Beh, io trovo che abbandonare la propria passione per “re-inventarsi” possa benissimo essere soppiantato con un “inventarsi” nuovi modi per far funzionare la propria passione.
E allora inventiamoci.
🙂